Pensiero errante: una questione di termini

Pubblicato: 11 Maggio 2010 da Francesco Lacarbonara in La stanza di Sophia
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Universum - C. Flammarion, intaglio in legno, Parigi 1888.

Spulciando tra le pagine di un dizionario qualsiasi (in questo caso il mitico Pittano, bi-dizionario italiano linguistico e grammaticale, Calderini, Bologna) alla voce errante leggiamo: part. e agg. Che erra. Che va ramingo, che va peregrinando. Già questo sarebbe sufficiente a far sorgere qualche domanda sul perché mai si debba attribuire alla categoria del pensiero un tale attributo. Andando avanti però il Pittano ci offre altre possibili, e suggestive, chiavi di lettura. Infatti, sempre alla voce errante, troviamo: Stelle erranti i pianeti. Vagante, incerto: sguardo errante. Cavaliere errante cavaliere del Medio Evo che andava in cerca di avventure. Ce n’è abbastanza di che lambiccarsi il cervello, cerchiamo allora di fare un pò di luce sulla questione.

Che errare sia umano, e perseverare (chissà poi perché) diabolico, è cosa nota; quindi sul fatto che il pensiero cada in errore non ci dovrebbero essere problemi. Anzi si può dire che proprio sull’errore, sulla falsificabilità di una teoria scientifica, si sia andata fondando la scienza moderna, almeno secondo Popper. In altre parole: i fatti della scienza vengono sottoposti prima al vaglio della sperimentazione secondo canoni e criteri (ormai resi standard da protocolli internazionali) per dare luogo a teorie scientifiche che rimangono valide finchè nuovi fatti, e quindi nuove teorie, non le sostituiscono (giusto per intenderci: sistema aristotelico-tolemaico vs sistema copernicano) e così via.

Se l’errore, o meglio il dubbio come motore di ricerca per consentire il prosieguo nel cammino del sapere, è entrato a buon diritto nel campo della scienza (scalzando da essa ogni pretesa fideistica, retaggio di una non lontana ideologia positivista tradottasi in tempi moderni in un esasperato tecnicismo) figuriamoci allora quale possa essere il suo peso in altri campi (quali ad esempio la filosofia, la teologia, l’arte, e in genere tutte l’esperienze di cui lo spirito umano è capace) che quasi per loro natura si sottraggono ad una piena e completa analisi razionale, nonostante tutti gli sforzi finora compiuti. Ecco allora che a venirci incontro, per dipanare il bandolo di una matassa che si è andata un pò troppo ingarbugliandosi, sono le altre figure linguistiche che possiamo avvicinare alla parola errante, o alla categoria dell’errante.

Frontespizio della prima edizione del Sidereus Nuncius (Venezia, Baglioni, 1610).

Errante è colui che va peregrinando, ramingo per le vie del mondo, non perchè privo di meta (se così fosse sarebbe per lui vana la fatica stessa che il cammino inevitabilmente comporta) ma perchè fa del cammino stesso la propria meta, in un continuo ri-cercare sensi e significati dell’umana esperienza, anche quando a volte sembra che questi gli sfuggano inesorabilmente (ma è forse proprio da ciò che egli trae nuova linfa per continuare il cammino). Errante è lo sguardo che vaga incerto sulla scena del mondo, ma che non smette di spostarsi da un punto all’altro del proprio campo visivo, pronto a soffermarsi, se necessario, su un dato particolare, ma disposto anche, se la situazione lo richiede, a cambiare il proprio punto di vista per guadagnare una nuova prospettiva. Perchè a volte le cose si vedono meglio se ci si allontana da esse, rinunciando a una comprensione piena dei particolari per guadagnare una visuale d’insieme del tutto (fatti salvi sempre i limiti fisiologici che la visione comporta, di qualunque mezzo e natura essa sia).

Errante è la stella (il pianeta) che si sottrae alle leggi eterne ed immutabili del cosmo per compiere impreviste e anomale traiettorie (a dispetto di quelle cosiddette fisse, ligie ai compiti ad esse assegnate dall’architetto divino) e che pone non pochi problemi allo scrutatore del cielo, invano intento a formulare ipotesi ad hoc che salvino almeno le apparenze. Ma forse il cielo non è poi così lontano dalla Terra, e la sua natura diversa dalla nostra, se un matematico pisano ha l’ardire di puntare un tubo di metallo provvisto di lenti verso la Luna, e restare forse deluso dal non scorgere in essa nessun’altra forma di vita, se non solo terra e sassi e valli e montagne, proprio come qui giù da noi (ma ne valeva la pena). Ed infine errante è il Cavaliere (non quello di Arcore) che vaga in cerca di avventure, che non siano uscire illesi da un centro commerciale il primo giorno di apertura dei saldi o sopravvivere alla visione di un’intera puntata di un qualsiasi talk televisivo, soprattutto se ha come ospiti eminenti e integerrimi uomini politici con l’immancabile contorno di veline incomprese nelle loro aspirazioni artistiche (l’accoppiata è puramente casuale).

God Speed! (1900, Edmund Blair Leighton)

Per concludere: errante è sì il pensiero che vaga, ma perchè senza una meta prestabilita dai pregiudizi e dalle ideologie, proprie o altruiErrante è anche il pensiero che continua inesorabile a ricercare la verità, caparbiamente fiducioso e al contempo  consapevole dei limiti dell’umana natura, mosso solo dalla curiosità e da un pizzico di sana follia, che in fondo non guasta mai.

L’auspicio è quello di poter ospitare su queste pagine riflessioni, considerazioni e opinioni libere da qualsivoglia pregiudizio e/o ideologie ma al contempo rispettose, sempre, del pensiero come della sensibilità altrui.

Perchè il Cavaliere sarà pure errante ma che non lo sia però in una valle solitaria, a meno che non vesta i panni del protagonista di un noto film western…ma questa è un altra storia.

Crediti:

Universum, C. Flammarion, Holzschnitt, Paris 1888; Colorazione: Heikenwaelder Hugo, Wien 1998; licenza: Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo 2.5 Generico.

– Frontespizio del Sidereus Nuncius e Edmund Blair Leighton, God Speed!, 1900: pubblico dominio.




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commenti
  1. Redazione ha detto:

    se le premesse son queste vorrà dire che erreremo volentieri in questo mar! In bocca al lupo

  2. Massmo Pittano ha detto:

    certo è che errando nel web trovo nell’anno 2010 una citazione del Bi-Dizionario Calderini che mi stupisce e mi fa molto piacere; piacere perchè vedo che mi padre è letto, stupore perchè tra le tante opere è quella che seppur innovativa per l’epoca in cui fu redatta, è quella che ha avuto minor diffusione.

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