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Credi, e tu muoverai le montagne!

Pubblicato: 16 marzo 2016 da Mattia De Giosa in La stanza di Sophia

I segni e le cose

«L’ingegnoso pagano ha detto:”Datemi un punto fuori, e io muoverò la terra”; il nobile spirito ha detto “Datemi un grande pensiero”: oh, la prima non è possibile, e la seconda non serve del tutto. C’è una cosa soltanto che può aiutare, ma essa non la si può avere da un altro: credi, e tu muoverai le montagne!» (S. Kierkegaard – Vangelo delle Sofferenze)

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Ritengo opportuno sottolineare, per me stesso, e per quanti vogliano accostarsi al pensiero di questo autore, l’importanza che ha la corretta conoscenza della situazione in cui si sviluppa il suo pensiero, e parlando di sviluppo è doveroso evidenziare che il pensiero di questo autore ha un percorso in cui subisce delle fasi evolutive nel tempo in cui l’autore visse, quindi non considerarlo un pensiero nato già così come è presentato nel suo “il fenomeno umano”, che a mio parere rappresenta una delle ultime tappe a cui giunge il suo pensiero. L’autore stesso scriveva prima di tutto per sé, escluso qualche piccolo saggio di cui ambiva la pubblicazione, e faceva dattilografare i suoi lavori per farli conoscere ai suoi amici e familiari. Già da lungo tempo l’autore, sapeva che i suoi lavori avevano ricevuto la condanna della “impubblicabilità”, ma riteneva utile per la sua stessa anima lo sviluppo del suo pensiero attraverso la sua penna. Proprio per questa situazione la maggior parte dei suoi scritti venne pubblicata postuma, e quindi l’autore non ha avuto la possibilità di replicare alle possibili interpretazioni non corrette del suo pensiero. Fortunatamente un primo tentativo di chiarire i malintesi che si svilupparono intorno alle sue opere fu portato avanti dal Padre Henri de Lubac SJ, il quale nel 1961 fu invitato dalla stessa Compagnia di Gesù a scrivere un libro che chiarisse il pensiero sviluppato nelle opere di Teilhard de Chardin, onde cercare di mettere fine alla querelle che soprattutto in Francia si era montata per la prima diffusione dei libri del nostro autore. Così fu dato alle stampe nel 1962 la prima edizione del libro intitolato “Le pensée religieuse du Père Teilhard de Chardin“ (Aubier – 1962) .

Ritengo pertanto fondamentale che qualunque approccio al nostro autore parta dalla conoscenza di questo testo del de Lubac, che ha scritto in piena libertà di pensiero ed opinione, senza obblighi né restrizioni solo con la preghiera di terminare il prima possibile il suo libro, come lo stesso autore dice “Devo precisare che nessun’altra consegna mi fu data se non quella di scrivere. Ideai l’opera a mio piacere. Non mi furono fatte pressioni perché segnalassi questo o tralasciassi quello. (Memoria intorno alle mie opere – Henri de Lubac –  Jaca Book 1992).

E’ inutile precisare che anche questo libro fu oggetto delle attenzioni del Sant’Ufficio che tentò di metterlo all’Indice, ma sembra che lo stesso Papa Giovanni XXIII si oppose a tale sanzione. Di qui la storia è nota, ovvero ci fu la pubblicazione del famoso Monitum in cui, a mio parere, la frase “dai pericoli delle opere di P. Theilard de Chardin e dei suoi discepoli.” suona come un avvertimento proprio al de Lubac.

(Fonte: I segni e le cose)

ferri_mose_monte_nebo“Poi Mosè salì dalle steppe di Moab sul monte Nebo, cima del Pisga, che è di fronte a Gerico. Il Signore gli mostrò tutto il paese: Gàlaad fino a Dan, tutto Nèftali, il paese di Efraim e di Manàsse, tutto il paese di Giuda fino al Mar Mediterraneo e il Negheb, il distretto della valle di Gerico, città delle palme, fino a Zoar.
Il Signore gli disse: “Questo è il paese per il quale io ho giurato ad Abramo, a Isacco e a Giacobbe: Io lo darò alla tua discendenza. Te l’ho fatto vedere con i tuoi occhi, ma tu non vi entrerai!”.”
 (Deuteronomio  34, 1-4)

Mi permetto di accostare la situazione, non il personaggio, in cui si viene a concludere la vita di Mosè, come raccontato dalle Sacre Scritture, alla situazione conclusiva della vita di Teilhard de Chardin.

Mosè è colui che guida il “popolo di Dio” verso la terra promessa, sottraendolo alla schiavitù della terra d’Egitto, una schiavitù in una terra in cui si venerano più divinità, in contrasto con l’unico Dio d’Israele. Ma è anche l’uomo che pur portando avanti il disegno divino, si fermerà al confine della “terra promessa”, morendo prima che il popolo vi entrasse.

Secondo le stesse Sacre Scritture, il motivo di questa sua condanna a vedere, senza metter piede nella “terra promessa” è dovuto  al fatto di aver dubitato della protezione di Dio, temendo la lapidazione da parte degli israeliti inferociti per la carenza di acqua (vedi Esodo 17, 4) .

Veniamo ora a Teilhard de Chardin, anche la sua situazione è accostabile, con i dovuti distinguo, morto in una terrà che non è la stessa che gli ha dato i natali, nacque infatti a Orcines, nella regione francese dell’ Alvernia, morì a New York negli Stati Uniti. Ma, e questo è ancora più interessante, morì senza vedere riconosciute le sue idee attraverso le principali opere a cui teneva molto, “Le Milieu Divin” e “Le Phénomène Humain” ovvero senza raggiungere l’obbiettivo che si era prefisso, la sua terra promessa, e che sentiva come dovere di sacerdote e uomo, di mostrare al mondo la sua visione Cristocentrica, riunificatrice del Cosmo, attraverso la sua Legge di Complessità di Coscienza di stampo evoluzionistico in-alto/in-avanti !

Anche in questo caso, altra situazione accostabile, la causa della sua morte prima di veder riconosciute le sue idee è possibile attribuirla, sempre in modo arbitrario come tutto questo mio pensiero, alla sua “crisi del 1929” o quella del 1934 espressa nel saggio “Comment je crois”, che indignarono la stampa cattolica, ed in cui afferma che nell’evenienza della perdita della “…mia fede in Cristo, la fede in un Dio personale, la stessa fede nello Spirito, io continuerei, mi sembra, a credere nel Mondo…”.

Seppur morto prima di vedere riconosciute le sue idee, non si può dire che la sua opera non stia continuando a diffondersi, ormai la stampa si sta occupando delle sue opere sin da poco dopo la sua morte, anche se con alterne diffusioni, ed oggi la casa editrice Queriniana, sicuramente di stampo cattolico, sta ripubblicando diverse opere di Teilhard de Chardin. Inoltre il movimento culturale attorno al suo pensiero sembra fiorire notevolmente attraverso associazioni, tesi di laurea, conferenze pubbliche ecc. ecc.

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Sembra proprio che il fuoco che covava sotto le ceneri della sua scomparsa stia riprendendo vigore e chissà se col tempo non arderà il fuoco della “noosfera” su tutta la nostra terra sino all’integrazione totale unificante verso quello che lui chiamava il “punto Omega”.

(Fonte: I segni e le cose)

Pierre Teilhard de Chardin

Ritengo doveroso parlando del pensiero di questo autore chiarire quello che ritengo essere un punto essenziale per l’interpretazione che io faccio del pensiero di Teilhard de Chardin, ovvero che è essenziale per comprenderlo non separare, come molti hanno fatto l’uomo Teilhard, sacerdote gesuita, dal suo pensiero. Perché questa precisazione ? Semplicemente perché spulciando su vari siti online dedicati a Teilhard de Chardin ho trovato attribuito al suo pensiero ogni significato possibile ed immaginabile. A leggere sulla rete sembra sia stato il precursore del concetto di biosfera il precursore del movimento ecologico e persino il teorizzatore della stessa rete globale (leggi internet). Certo le chiavi di lettura che sono su questi siti hanno ognuna la giustificazione necessaria, ma quello che ho rilevato è che se si separa l’uomo nel suo vissuto dal suo pensiero gli si può far dire qualunque cosa, anche quello che non gli è mai passato per la mente !

Il problema di cui sto parlando è sicuramente un problema ermeneutico, ma che fonda in maniera essenziale la filosofia dell’uomo Teilhard de Chardin, del gesuita Teilhard de Chardin per la corretta interpretazione (se ciò è possibile) del pensiero di Teilhard de Chardin.

E’ quantomeno essenziale ritenere che per ben comprendere un autore, oltre che ai suoi scritti si associ la lettura di documenti del vissuto dell’autore, e di Teilhard de Chardin vi sono copiosi scritti che possono aiutare in tal senso. Mi riferisco soprattutto alle sue lettere alla cugina Marguerite (Genesi di un pensiero – Lettere dal fronte (1914-1919) Ed. Feltrinelli 1966) che sono state anche spesso male interpretate a causa di un timore eccessivo di ciò che appare come un eresia dei dogmi fondamentali del cattolicesimo,  ed invece vanno integrate con epistolari successivi ( Lettere di Viaggio (1923-1939) (1939-1955) Ed. Feltrinelli 1962).

Il pensiero di Teilhard si forma sì nell’uomo scienziato, ma anche nell’uomo sacerdote, preoccupato ogni giorno di dir messa, estasiato dalla bellezza del creato di e da Dio, lo stesso Dio dei Cristiani, e sono convito lo stesso Dio della visione Cattolica dei Cristiani.

Credo sia stato proprio questo strabismo ermeneutico la fonte di tutti i guai di Teilard nei suoi rapporti con la Chiesa Cattolica, a cui apparteneva come devotissimo Compagno di Gesù, e che lo mettono in relazione, certo alquanto straordinaria con Galileo Galilei, vittima del medesimo strabismo ermeneutico.

(Fonte: I segni e le cose)

http://ottaviopongoli.files.wordpress.com/2010/06/chardin.jpg?w=270&h=300E’ oltremodo intrigante vedere la realtà attraverso prospettive diverse da quelle alle quali siamo abituati, ed una di queste, che ormai da qualche anno mi affascina è quella proposta dal padre gesuita Teilhard de Chardin. Paleoantropologo impegnato sul campo, per molti anni in Cina, svolse un ruolo fondamentale nella conciliazione, ancora non accettata definitivamente, della teoria evoluzionistica con le verità della fede cristiana.

Certo la teoria darwiniana era nata da meno di un secolo, Teilhard de Chardin nacque infatti l’anno prima della morte di Darwin, incominciò a scrivere i suoi primi testi poco più di cinquant’anni dopo la pubblicazione di Darwin sull’ Origine delle specie, ma il suo pensiero ne era già pregno.

Dicevo della prospettiva Teilhardiana “intrigante” e per me “affascinante” proprio perché è sorprendente come questo autore sia riuscito a dare alla teleologia cristiana una struttura decisamente evoluzionistica, perfettamente conciliata con la scienza moderna.

Sicuramente la sua visione della realtà è legata alla sua fede, infatti il suo pensiero e direi quasi il suo accostarsi all’ evoluzionismo è senza ombra di dubbio cristocentrico, ma la sua prosa ed il suo stile è sicuramente filosofico se non addirittura scientifico. Ed è anche notevole il suo pensiero che tiene conto dei possibili sviluppi negativi che la mancata accettazione di tesi scientifiche possa portare alla Chiesa, anche se il risultato per negativo che possa essere porta Teilhard  a ritenere che l’antitesi creata fra il pensiero scientifico e la fede non porti necessariamente all’ateismo, ma ad un positivismo in cui alla fede in Dio si sostituisca una “fede nel Mondo” così da ritenere comunque sempre l’uomo necessitato di avere una “fiducia di fondo” (come la definisce Hans Kung) in qualcosa o in qualcuno che lo proietti verso quello che Teilhard chiama con il termine più laico possibile l’ “in-là” il futuro al quale tendere per dare una giustificazione alle proprie necessità d’azione.

(Fonte: I segni e le cose)

I segni e le cose

Quello che qui presento, è un breve lavoro, fatto in occasione di un esame universitario. Dedicato alla mia città, lo scritto non ha alcuna pretesa di esaustività, è solo un lavoro …

 

Premessa

 

Trale consuetudini scritte dell’Italia meridionale primeggiano notoriamente per intrinseco valore e per importanza storica quelle di Bari, …” con questo incipit l’autore Enrico Besta[1] introduce la prima parte relativa alle così dette consuetudini baresi, ritenendole fra gli scritti che maggiormente hanno influenzato la cultura giuridica meridionale per molti secoli.

Abbiamo citato il precedente autore perché il suo testo, insieme a ‘Le consuetudini della città di Bari’ di Teodoro Massa,[2] ci serviranno come guida per una breve analisi sulla situazione giuridica e sulla situazione politica e sociale della città di Bari attorno al periodo che và dalla fine del IX a tutto il XII secolo.

Ambedue i testi da noi presi in…

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